1/20/2009

L'ABORTO NEL NOSTRO ORDINAMENTO E' UN DIRITTO, ANCHE SE NON ILLIMITATO.

Può sembrare sorprendente ma, nonostante la legge 194/1978 sia, fortunamente, ancora in vigore, si tenta, sempre da parte degli antiabortisti, di mettere in circolazione l'idea che in Italia l'aborto non sia un diritto. Che l'aborto, nei modi e alle condizioni previste dala legge, sia un diritto o quanto meno un interesse legittimo individuale giurisdizionalmente tutelabile, si evince dall'art. 9/4 della legge 194/1978 secondo il quale <<Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzati sono tenuti, in ogni caso, ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'art.7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione di gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5,7,8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale>>. In base all'interpretazione di questo articolo si può ritenere che i presidi sanitari pubblici siano obbligati dalla legge a mettere a disposizione delle pazienti ginecologi non obiettori di coscienza sia per il rilascio dell'autorizzazione all'interruzione di gravidanza, sia per l'effettiva esecuzione dell'intervento. E che qualora, ricorrendo uno dei requisiti richiesti dalla legge, la struttura sanitaria neghi il rilascio anche del solo certificato di autorizzazione, la paziente possa ricorrere contro la struttura stessa per ottenere tale autorizzazione o una sentenza sostitutiva della stessa. Del resto, la stessa regola, è espressamente prevista in caso di donna minorenne, il cui intervento, in assenza di consenso di entrambi i genitori esercenti la potestà, può essere autorizzato direttamente dal giudice tutelare. Per quanto riguarda i limiti di questo diritto, essi variano secondo lo stato di avanzamento della gravidanza. Nei primi 90 giorni, il diritto di interrompere la gravidanza, dal punto di vista delle motivazioni è sostanzialmente illimitato(art.4), ma è subordinato all'espletamento di una procedura amministrativa che prevede il colloquio con un medico,e,eventualmente, uno psicologo o un assistente sociale, il rilascio di un certificato medico e un tempo di riflessione di 7 giorni(durante i quali la donna non può accedere all'intervento),da cui però si può essere dispensati dietro certificazione di urgenza. Né al medico,nè alle altre figure coinvolte nel colloquio preventivo, la legge attribuisce alcun potere ostativo, per cui il potere di decidere in merito alla prosecuzione o meno della gravidanza resta, in ultimo, comunque nelle mani della donna interessata. Che non esistano limiti, sotto il profilo della motivazione, si evince dalla formulazione dell'art.4 secondo cui, nei primi 90 giorni, l'interruzione volontaria di gravidanza è ammessa non solo per motivi attinenti alla salute fisica della paziente, intensa nel senso restrittivo di presenza di una patologia medicalmente rilevante che può essere peggiorata o condotta ad esito letale dalla gravidanza, ma anche quando <<la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute...psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali, o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito>>. Dunque nei primi 90 giorni l'interruzione volontaria di gravidanza è ammessa anche quando la gravidanza e il parto minaccino la salute psichica della donna o il suo benessere sociale ed esistenziale. Dopo i primi 90 giorni, invece, la legge diventa più restrittiva, consentendo l'aborto soltanto in due casi da essa tassativamente previsti: (a)quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; (b) quando siano accertate anomalie o malformazioni del nascituro, che rendano la maternità particolarmente minacciosa per l'equilibrio psicofisico della donna. Tuttavia, quando il feto abbia acquistato capacità di autonma vita extrauterina(22esima settimana), l'interruzione di gravidanza(che, in realtà, in questa fase è piuttosto un parto indotto molto prematuramente) è permessa soltanto in caso di grave pericolo per la vita della donna. É da notare che il nostro legislatore non ha previsto direttamente l'aborto per motivi eugenetici, ma ha preferito ammettere la soppressione del feto deforme solo se ancora non vitabile e con il motivo di evitare alla donna il trauma di dover partorire e poi assistere un neonato mostruoso, gravemente deforme o malato, spesso destinato a non sopravvivere per molto tempo alla nascita o comunque ad una vita altamente disfunzionale. In questo modo un tipo di aborto che, in realtà, si dovrebbe richiedere nell'interesse dello stesso nascituro, per risparmiargli una vita cosciente caratterizzata da una qualità pessima, viene invece previsto dalla legge come interesse della donna. Comunque, nel secondo trimestre, il diritto di aborto è particolarmente ristretto perché il legislatore, da un lato, ha tenuto conto del fatto che, in questa fase, il processo di costruzione del nuovo organismo umano è più avanzato e più vicino al momento della perfezione e dell'emergere della sensibilità animale, dall'altro, che più la gravidanza è in fase avanzata, più l'aborto perde la natura di mezzo per eliminare una gravidanza non voluta, per trasformarsi in realtà in un parto prematuro a tutti gli effetti, per cui diventa meno rilevante l'interesse psicologico, esistenziale e sociale verso la sua interruzione. Inoltre, mentre sul grado di coscienza di un feto di secondo trimestre ci possono essere dei dubbi, per cui si è preferito adottare un limite particolarmente cauto(in realtà in altri ordinamenti l'aborto elettivo è consentito anche durante il 4° mese di gestazione), per quanto riguarda l'embrione ed il feto di primo trimestre non c'è dubbio si tratti di pura materia organica, priva di qualsiasi capacità sensoriale e presenza psichica.

PERCHE' L'ABORTO DEVE ESSERE UN DIRITTO

L'effettiva possibilità di prevenire(anche a concepimento già avvenuto) o di interrompere la gravidanza è un elemento fondamentale e irrinunciabile della libertà personale della donna. Imporre ad una donna, attraverso l'impossibilità di accedere ai mezzi abortivi, di sottostare ad una gravidanza in cui sia incorsa contro la propria volontà o che comunque non intende proseguire è un grave atto di violenza fisica e psicologica, significa negare alla persona la libera disponibilità del proprio corpo e la facoltà di determinare liberamente la propria vita privata, familiare e relazionale. Inoltre, poiché nessun mezzo contraccettivo in senso stretto, è efficace al 100%, negare l'aborto fin dal momento del concepimento significa far gravare sulla libertà sessuale della donna la necessità di accettare, insieme al rapporto sessuale, l'eventualità del concepimento, in una percentuale variabile tra il 7% e il 25% (se si considera l'indice di fallimento dei cd mezzi naturali). Alla donna, in questo modo, verrebbe proibita con la forza l'opzione morale che prevede la scissione totale ed irrevocabile tra sessualità e riproduzione. Essa si troverebbe, infatti, nella necessità di accettare comunque, insieme a qualsiasi tipo di relazione sessuale, l'eventualità che ne possa derivare una gravidanza ed un parto. Il che comporta una pesante restrizione della libertà sessuale femminile,dato che la sessualità femminile non potrebbe mai essere totalmente libera dalla procreazione. Inoltre, poiché la gravidanza, oggettivamente, produce danni e gravi disagi psicofisici per chi la subisce, imporre la prosecuzione di una gestazione significa ledere, anche se in maniera indiretta, il diritto della persona alla salute e alla integrità fisica. A quest'ultimo riguardo, si suole, ormai, obiettare che anche l'aborto può avere effetti avversi, ma, in ogni caso, è giusto che sia la persona interessata a scegliere a quale tipo di effetti avversi esporsi, se a quella della gravidanza e del parto(che sono una certezza ampiamente nota e documentata) o a quelli dell'aborto che sono soltanto eventuali, documentati in bassissima percentuale, e, per lo più, esagerati e generalizzati da fonti di parte, cioè antiabortiste. [http://mondodonna.blogosfere.it/2008/08/gli-psicologi-americani-dicono-che-laborto-non-e-una-minaccia-per-la-salute-mentale-delle-donne.html]

L'EMBRIONE E IL FETO PRIMITIVO NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI PERSONE NE' AVERE DIRITTI.

In primo luogo, nella tradizione filosofica e giuridica occidentale, persona indica una entità provvista di un minimo di coscienza e di volontà naturale(anche se ritenuta non valida sul piano del diritto, come ad esempio quella del neonato o del demente interdetto), onde la sua possibilità di essere titolare di bisogni e di interessi che l'ordinamento giuridico può prendere in considerazione attribuendole diritti soggettivi. Poiché l'embrione e il feto primitivo non hanno alcuna forma di coscienza, né di presenza psichica, perché mancano loro le stesse basi neurobiologiche della psichicità, essi non sono, per loro intrinseca natura, entità portatrici di bisogni e di interessi che un ordinamento possa trasformare in diritti. Non è possibile che l'embrione abbia volontà di nascere o di vivere, perché non essendo ancora emerso come essere cosciente non può avere alcuna forma di volontà, né verso la vita, né verso altro. Né è pertinente il pargone con la situazione della persona in coma o in stato vegetativo permanente, prima di tutto perché le persone che si trovano in questo stato non hanno comunque perso ogni attività dell'encefalo, anzi nel caso dei pazienti in coma, non pochi di loro vivono esperienze oniriche intense, secondo, perchè nella persona in coma si tutela il diritto alla vita che essa ha acquistato in maniera definitiva ed irrevocabile con la nascita. Inoltre, la persona in coma o in stato vegetativo è provvista di tutte le funzioni organiche e vitali di base presenti nella persona in stato vigile, mentre nell'embrione e nel feto primitivo non è costituito interamente neppure il corpo con le sue funzioni meramente organiche.
In secondo luogo, ammesso e non concesso che l'embrione sia una persona, a nessuna persona la legge attribuirebbe il diritto a vivere del e nel corpo altrui, per cui non si vede per quale motivo l'embrione e il feto debbano godere di questo privilegio, vedendosi attribuito il potere di occupare il corpo della donna,contro la volontà di lei, e di restarvi finchè non si siano trasformati in esseri umani completi e pronti per la vita extrauterina. Infatti, in tutti gli ordinamenti, in materia di donazione di organi o di sangue, il principio della tutela della vita umana viene, giustamente, sacrificato al principio che ogni persona ha diritto ad essere il solo a disporre del proprio corpo e delle sue sostanze vitali. Non esistono leggi che obblighino i familiari compatibili a donare il proprio midollo o il proprio sangue o un proprio rene per salvare la vita di un congiunto, neppure se questi, in assenza della donazione, andasse incontro a morte certa. Dunque quello che non viene assicurato alla persona umana completamente costituita e nata, facente parte a pieno titolo della nostra società, verrebbe concesso ad un embrione, ad una persona fittizia, che esiste solo per finzione etico-ideologica? Il nostro ordinamento, dunque, riconosce che la donazione del proprio corpo o di una sua parte per permettere la vita di un altro deve essere un atto spontaneo, assolutamente non coercibile. Lo stesso principio vale anche per la continuazione della gravidanza, non costituisce, infatti, una differenza rilevante, il fatto che quando si parla di gravidanza ci si trova di fronte ad un evento compiuto(magari grazie all'intervento di uno stupro o di un abuso sessuale), mentre per effettuare la donazione d'organo o di sangue è necessario l'intervento di una specifica attività umana: in entrambi i casi si tratta comunque di prestare il proprio corpo o una parte di esso al fine di permettere la continuazione della vita di un'altra entità umana. Né si può eccepire che la gravidanza sarebbe un fatto naturale, in quanto rientra nel diritto della persona alla salute e alla integrità fisica il potersi sottrarre, con tutti i mezzi disponibili alla tecnica medica, a condizioni che pur essendo naturali e fisiologiche ledono gravemente il benessere della persona e sono avvertite dal soggetto che le vive come altamente ego-distoniche.

COSA E' L'ABORTO NELLA CONCEZIONE DEI MOVIMENTI PRO VITA

Con il termine aborto e abortivo, ormai, nel linguaggio dei movimenti pro vita non si indica più soltanto ciò che attiene alla sfera dell'interruzione di una gravidanza instaurata. Dal punto di vista clinico, la gravidanza, per definizione accolta anche dall'OMS, si instaura nel momento in cui l'ovulo fecondato(allo stadio di blastula) si impianta nella parete uterina. Infatti è solo da questo momento che avvengono tutte quelle modificazioni fisiologiche nel corpo della donna che sono note sotto il nome di gravidanza ed è, peraltro, soltanto dopo l'impianto che inizia a svilupparsi l'embrione vero e proprio, l'abbozzo del nuovo organismo umano individuale. Tuttavia, questa definizione di gravidanza non è condivisa dagli esponenti della ideologia pro vita, che, in ogni caso, ritengono sufficiente per parlare di aborto, qualsiasi intervento umano che impedisca all'ovulo fecondato di impiantarsi nella mucosa uterina, con conseguente morte dello stesso, per esaurimento delle sue capacità metaboliche. Per questo motivo i medici cattolici tendono a far rientrare nella nozione di aborto, praticando una forma abusiva di obiezione di coscienza (non prevista dalla legge italiana), una serie di mezzi contraccettivi che prevengono la gravidanza inibendo l'impianto dell'ovulo fecondato o che semplicemente sono sospettati di avere questa efficacia, anche se a livello marginale e residuale: dispositivo intrauterino(iud o spirale), pillola del giorno dopo al levonorgestrel(Norlevo, Levonelle), pillola a base di solo progestinico (Cerazette), addirittura, le combinazioni estroprogestiniche a bassissimo dosaggio di etinilestradiolo(15mcg). In questo modo, sembra che i cattolici abbiano trovato un pretesto, da loro definito “scientifico”, per ottenere la messa al bando anche dei contraccettivi ad uso femminile di maggiore efficacia, in conformità alla dottrina della Chiesa che condanna qualsiasi forma di contraccezione artificiale. Certo per alcuni di questi mezzi come le combinazioni estroprogestiniche a basso dosaggio l'abortività viene asserita soltanto sul piano teorico, ma questa tesi, per altri mezzi, come il dispositivo intrauterino e la pillola del giorno dopo crea già notevoli problemi di reperibilità, a causa della obiezione di coscienza, alle volte anche mascherata da precauzione medica(es. lo iud causa infezioni e sterilità), discretamente diffusa tra medici e farmacisti di ispirazione cattolica. Dunque, in questo momento, difendere l'aborto, non significa soltanto difendere il diritto di ricorrere alla interruzione volontaria di gravidanza in senso stretto, ma anche il diritto di accedere a tutti i mezzi contraccettivi più efficaci secondo le proprie esigenze personali. Bisogna infatti sottolineare che il dispositivo intrauterino non solo è il mezzo contraccettivo in assoluto più efficace (è quello in cui c'è minore distanza tra l'efficacia teorica e quella reale), ma è anche l'unica alternativa alla pillola per donne che non possono tollerarne gli effetti avversi e desiderano comunque un protezione continuativa e ad alto livello di efficacia. Mentre, d'altra parte, la pillola del giorno dopo è un complemento indispensabile per coloro che usano esclusivamente il profilattico come mezzo di prevenzione della gravidanza, stante il suo indice di fallimento variabile tra il 7 e il 14%.

FALSE INFORMAZIONI MESSE IN CIRCOLAZIONE DAGLI ANTIABORTISTI SUL FETO DI PRIMO TRIMESTRE

1)nel secondo e terzo mese il feto è già un essere umano perfetto in tutte le sue parti, che dovrà soltanto crescere. FALSO: in questo momento infatti non è ancora avvenuta l'organizzazione facciale e palatale, le narici sono ancora chiuse(si aprono solo nel 5° mese), gli alveoli polmonari sono ancora inesistenti(si formano solo all'inizio del 6° mese), l'apparato gastroenterico è ancora indifferenziato(la differenziazione avviene nel 5° mese),le ossa sono ancora soltanto materiale cartilagineo,l'epidermide una sottilissima pellicola, questo significa che un feto di 11-12 settimane, oltre ad essere ancora incompleto dal punto vista morfologico, è nella fisica impossibilità di compiere anche le funzioni vegetative di base proprie di un organismo umano costituito, quali la respirazione e la digestione ed è assolutamente incapace di vita propria, è un organismo accessorio rispetto a quello della donna in cui è incorporato.
2)il feto presenta funzionalità encefalica fin dalle prime settimane, lo dimostrerebbero i movimenti e la registrazione di onde cerebrali. FALSO: i movimenti o piuttosto le scosse o spasmi che il feto presenta nelle prime settimane, sono aneurali, sono prodotti infatti dalle cellule muscolari, che compaiono prima di quelle nervose: in questa fase i muscoli si contraggono in maniera spontanea indipendentemente da qualsiasi impulso nervoso. Successivamente, con lo svilupparsi delle prime connessioni neuronali(non prima della 9-10 settimana) compaiono i primi movimenti neurali o nervosi. Sebbene alcuni di essi possono sembrare simili ai movimenti prodotti da alcune attività coscienti quali lo scalciare o il deglutire o il portarsi le braccia all'altezza del volto, sono in realtà semplici movimenti riflessi, puri automatismi prodotti dall'attività delle cellule nervose periferiche, indipendentemete da qualsiasi controllo cerebrale. I primi movimenti volontari complessi, come la suzione del dito, non compaiono prima della metà del 5°mese. Quindi a partire dal secondo mese il feto presenta una limitata attività neurale, ma non cerebrale. Quanto alle onde cerebrali che alcuni pretendono di poter misurare a partire dalla 6a settimana, si tratta in realtà di impulsi elettrici analoghi a quelli che vengono prodotti da qualsiasi tipo di cellula animale. Non sono assolutamente comparabili alle onde prodotte da un cervello funzionale. Questo tipo di onde non compare prima del 6° mese di gravidanza.
3)il feto fin dal secondo mese è in grado di sentire e percepire, anche il dolore. FALSO: anche se a livello strutturale lo sviluppo degli organi di senso termina abbastanza precocemente, l'allacciamento con il sistema nervoso centrale e lo sviluppo, a livello di corteccia cerebrale, delle aree relative alla elaborazione degli stimoli (fatti indispensabili per l'effettivo prodursi delle percezioni) avviene molto più tardi, non prima della 20esima settimana. Per potersi avere percezione cosciente del dolore e degli stimoli tattili periferici è necessario non solo che l'area corticale sia sufficientemente sviluppata (il che non accade mai prima della 20esima settimana), ma anche che sia completata la mielinizzazione del midollo spinale, cosa che avviene non prima dell'inizio del 5° mese di gravidanza, il che significa che prima di questa data manca lo stesso canale fisico responsabile del trasporto degli stimoli nervosi periferici al cervello affinché li possa elaborare. Infatti se il midollo spinale non è mielinizzato non è materialmente possibile la trasmissione di stimoli nervosi, a prescindere dal fatto che il cervello non sarebbe in grado di elaborarli per via dell'insufficiente sviluppo. Dunque, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, si può escludere che il feto di primo trimestre abbia una qualche forma di presenza psichica o di percezione. Si può assolutamente escludere che esso possa rendersi conto di essere avvicinato dall'aspiratore e che possa tentare di sottrarsi alla sua azione. L'agitazione fetale che viene visualizzata in sede ecografica in certi filmati come “L'urlo muto” non è altro che l'effetto meccanico dell'azione dell'aspiratore sul corpo fetale, si produrrebbe anche se al posto del feto vero, ve ne fosse uno di silicone.
Inoltre viene sottolineato fino all'eccesso il fatto che fin da circa il 20° giorno compare nell'embrione il battito cardiaco. Ma in realtà questo fatto non significa niente. L'abbozzo di cuore presenta attività contrattile, ma si tratta di un battito indipendente da qualsiasi controllo cerebrale, si tratta di una attività spontanea, anch'essa periferica, delle cellule di cui è costituito il tessuto del cuore(che hanno un loro centro nervoso autonomo). Ma in ogni caso poiché il battito cardiaco non è una caratteristica esclusiva e saliente della specie umana, è del tutto ingiustificato volerlo interpretare da solo, in assenza di altre funzioni, come segno del sorgere della vita umana nel senso proprio del termine.

L'EMBRIONE E IL FETO PRIMITIVO NON SONO PROPRIAMENTE ESSERI UMANI

Gli antiabortisti meno ingenui, di solito, convengono che l'embrione e il feto non sono persone(almeno nel senso tradizionale ed usuale del termine), ma ritengono che comunque si tratti di esseri umani, per cui la loro vita dovrebbe essere tutelata fino al punto di vietare l'aborto. Essi sostengono, in ultima analisi, che per aversi un essere umano non sarebbe necessaria l'emergenza della proprietà psichica. È sufficiente che ci sia un genoma completo, un nuovo corredo cromosomico, anche se in una forma di vita meramente cellulare o in un abbozzo decerebrato di corpo umano. Insomma, secondo costoro, l'uomo esisterebbe non solo da prima ancora che sia emersa la sua mente, ma addirittura da prima ancora che si sia formato il suo corpo. Questo uomo-fantasma sarebbe contenuto tutto intero nel corredo cromosomico,in attesa soltanto di potersi esplicitare. Ma cosa è in realtà il corredo cromosomico? Il corredo cromosomico è soltanto il materiale biologico(peptidi, aminoacidi)contenente, sotto forma di impulso chimico, le informazioni che guideranno il processo di costruzione del nuovo organismo umano. Non è neppure vero che nel corredo cromosomico ci sia già tutta la predeterminazione dei caratteri del futuro individuo umano, per esempio i gemelli omozigoti pur avendo corredo cromosomico identico, hanno impronte digitali diverse, il che significa che anche una caratteristica così semplice non è prestabilita nel genoma, ma è casuale. È evidente che l'individuo umano che certi ideologi vogliono vedere in un ovulo fecondato o in un embrione primitivo è del tutto immaginario, è una mera costruzione del loro intelletto. [embrione di 4 settimane, già impiantato]
Certo,con il feto siamo già in presenza di un principio di corpo umano: verso la nona settimana il feto si presenta come un omino di tessuto trasparente gelatinoso di pochi centimetri, con bulbi oculari visibili e un abbozzo di cuore battente. Ma siamo ben lontani da un organismo umano completamente formato. Sono ancora assenti organi e funzioni vitali fondamentali: la pelle, i polmoni(che sono ancora due gemme fibrose completamente chiuse, come le narici del resto, che non si aprono prima del 4° mese), la funzione encefalica sia a livello cerebello-spinale che corticale. Del resto, lo stesso battito cardiaco non indica la presenza di una funzione cardiocircolatoria propria e autonoma, in quanto il feto viene irrorato di sangue(che porta ossigeno e nutrimento) attraverso i vasi ombelicali, come qualsiasi altro organo del corpo della donna. In definitiva, nel feto di primo trimestre non c'è neppure un organismo umano perfetto in grado di svolgere le funzioni vitali di base, quelle meramente vegetative, come la respirazione e la digestione. Il fatto che esso, a partire dalla nona settimana, assomigli vagamente ad un bebé, non significa che sia veramente un bambino. [feto di 9 settimane]
In definitiva, l'embrione e il feto di primo trimestre non sono uomini, perché uomo non è qualunque tipo di materiale biologico vivente geneticamente appartenente alla specie homo sapiens, ma soltanto l'esemplare con un organismo completamente strutturato e capace di svolgere almeno le funzioni vegetative di base.

IL NONSENSO E L'INOPPORTUNITA' DELL'ABORTO LIMITATO AI SOLI CASI DI STUPRO E PERICOLO PER LA SALUTE

Soprattuto gli antiabortisti di ispirazione non religiosa(per la Chiesa cattolica infatti l'aborto è vietato senza discrimine di causa, anche nel caso in cui la gravidanza rappresenti un rischio per la salute della donna), ma di appartenenza politica conservatrice, dicono di ritenere che l'aborto debba essere permesso esclusivamente in caso di pericolo per la salute della gestante e, i più illuminati, di stupro comprovato. Ora è da notare che proprio l'aborto per ragioni di salute è quello con cui più frequentemente si uccidono se non bambini dei quasi-bambini, dal momento che la maggior parte delle complicazioni inerenti alla gravidanza si verifica nella fase avanzata, per cui se fosse proprio il motivo di rispettare la vita umana ciò che spinge queste forze reazionarie ad essere contro l'aborto, esse dovrebbero ritenere assurdo vietare un mezzo che impedisce l'impianto di una blastocisti e permettere invece l'uccisione di un feto di 6 mesi. In nessun caso sarebbe permessa l'uccisione di una persona per salvare la vita di un'altra persona. Quindi alla fine questa particolare specie di antibortisti "laici" sono,in realtà, puri moralisti che non possono accettare che la donna abbia la libertà di interrompere la gravidanza a proprio piacimento, di preferire se stessa e il proprio benessere individuale all'adempimento di una funzione procreativa concepita quasi come supremo ed inviolabile dovere sociale, una servitù coattiva gravante sul corpo della donna. Così, sull'altro versante, consentire l'aborto per motivi non medicali, soltanto nel caso di stupro, costituirebbe una discriminazione ingiusta a danno di tutte quelle donne che pur avendo subito uno stupro o comunque un rapporto sessuale non consenziente non possono darne prova, inoltre, una legge del genere costringerebbe la donna a denunciare penalmente il proprio violentatore, impedendole così di accedere all'aborto nei casi in cui una tale denuncia non sia possibile o molto rischiosa per ragioni collaterali. Una legge del genere,inoltre, potrebbe incentivare la donna a falsa denuncia di violenza allo scopo di poter accedere all'aborto.